La figura del maestro e la sfida dell’educazione

Saggio di Leban Alice cl. IV BSU

La figura del maestro ha origini antiche, risalenti al Basso Medioevo, ma nonostante ciò essa conserva alcuni aspetti che rimangono invariati ancora oggi.

Già durante il Duecento cominciano a sorgere in tutta Europa le prime Università, intese come organismi nuovi nel campo dello studio e dell’insegnamento superiore: esse appaiono infatti come delle corporazioni di studenti e di maestri i quali ne plasmano l’autonomia da potenze esterne, i corsi di studio, le norme di comportamento e la vita quotidiana unendosi in un vincolo solidale di mutuo soccorso e solidarietà.

Proprio nelle Università trovano accoglienza non solo studenti provenienti da tutta Europa, ma anche e soprattutto insegnanti conosciuti per avere autorevolezza, competenze e dignità i quali svolgono una professione, pertanto divengono uomini di mestiere, abili e concentrati nella propria attività.

Si può quindi affermare che il ruolo e i compiti del maestro non sono variati con il tempo: oggigiorno infatti il profilo del “magister” è ricondotto al cosiddetto “mestiere magistrale” il cui significato letterale corrisponde ad un’ occupazione lavorativa dedita all’insegnamento stesso, ovvero al processo per cui ad un soggetto vengono trasferiti, mediante lezioni, esercizi, dimostrazioni, i principi e i metodi di una determinata disciplina. Tale descrizione però non può più essere considerata come esaustiva per delineare il lavoro svolto da un insegnante del XXI secolo: egli non viene più visto come un maestro medievale intento a trasmettere esclusivamente le verità di una tradizione antica di secoli (contemplata aliis tradere), ma, come sostenevano numerosi intellettuali umanisti e rinascimentali soprattutto Juan Luis Vives e Guarino Veronese, una persona che si impegna e si sforza affinché l’allievo possa raggiungere uno sviluppo psico-fisico completo ponendo particolare attenzione alla vita mentale, all’età e ai bisogni dei propri studenti.

Si comprende perciò che il “mestiere magistrale” consiste nel formare le nuove generazioni, di conseguenza nell’istruirle ed educarle assieme. Basti pensare alla testimonianza scritta appartenente a Bartolomeo Platina, un letterato e studioso di rilievo del quattrocento, il quale si sofferma nello stile educativo di Vittorino Da Feltre, fondatore di una fra le scuole convitto più importanti dell’Umanesimo italiano, la Ca’ Zoiosa. Secondo costui, il magister deve instaurare coni propri allievi un legame affettivo solido affinché possa divenire al tempo stesso loro istruttore e modello di riferimento in modo tale che il fine da raggiungere sia uno sviluppo armonico ed unitario di tutte le abilità possedute dall’uomo. Una interdipendenza tra l’educando e l’educatore risulta inoltre il primo stadio di apprendimento in quanto “come la maggiore parte dei doni sono graditissimi anche solo perché ci vengono da persone molto care, la cultura viene raccomandata dall’affetto per il maestro a coloro che non la possono ancora apprezzare razionalmente” (per una libera educazione di Erasmo da Rotterdam). Solamente se una persona conosce l’altra è in grado di capirne le caratteristiche personologiche e conseguentemente le metodologie da applicare così che ella sia capace di rendere proprie le informazioni ricevute nel modo più semplice ed efficace.

L’insegnante aiuta un individuo alla realizzazione ed affermazione di sé e ciò viene indicato come l’aspetto maggiormente difficoltoso del mestiere magistrale in quanto nessuno può essere un altro, di conseguenza risulta impossibile da parte del docente possedere la certezza assoluta che quanto sta compiendo sia la scelta migliore. Tale professione risulta un vero e proprio “mysterium” dal momento in cui ogni insegnante sceglie un modo attraverso il quale approcciarsi con gli allievi, apprezzare le lezioni,far sembrare lo studio un gioco, inventando vari sistemi per divertire gli studenti e per distrarli dalla percezione della fatica (per una libera educazione) riuscire a formare innanzitutto nuovi adulti consapevoli degli altri, ma soprattutto consapevoli di essere delle persone uniche con caratteristiche e risorse esclusivamente proprie.

Il “mistero” individuato da Giuseppe Bertagna è giustificato da un altro fattore secondo cui autori diversi hanno attribuito e continuano a conferire descrizioni completamente differenti fra loro circa la figura del docente. Secondo Maria Montessori, scrittrice di educazione per un mondo nuovo (1947), come educare il potenziale umano (1947), formazione dell’uomo (1949), l’insegnante propone, predispone, stimola, orienta e allo stesso tempo assume una figura di aiuto e facilitazione, di organizzatore ed osservatore della vita psichica e culturale del bambino così da individuare gli strumenti necessari alle attività educative dello stesso.

Alexander Sutherland Neill, pedagogista scozzese autore di “Summerhil” e “Un’esperienza educativa rivoluzionaria” individua il proprio principio metodologico fondamentale di insegnamento nel concetto di una pedagogia non direttiva consistente in un’educazione incentrata sulla spontaneità degli interessi del bambino al quale non deve essere imposta né istruzione né educazione così che lo scopo del docente sia quello di assicurare nei ragazzi la crescita di personalità equilibrate e felici.

Secondo l’ucraino Antono Semenovyc Makarenko l’obiettivo dell’educazione è quello di ottenere un cittadino comunista istruito ed efficiente nel settore produttivo.

Daniel Pennac vede l’insegnante supportato nell’opera “diario di scuola” del 2007 come un vettore di cultura il quale trasmette ai giovani tutte le conoscente acquisite mediante l’esperienza diretta.

Per questo motivo risulta evidente che la docenza è un lavoro molto impegnativo, multi-sfaccettato, responsabile, in cui si ottengono risultati concreti solo dopo alcuni anni; diversi decidono di intraprendere questa strada esclusivamente per motivi economici, ma, a differenza di coloro che scelgono la suddetta professione perché vogliono sinceramente impegnarsi nella maturazione delle nuove generazioni non sono in grado di apprezzare il proprio operato. Si puo’ parlare pertanto di una vera e propria vocazione magistrale che sollecita i nuovi aspiranti docenti a compiere questa scelta ardua.

Voler diventare insegnante significa essere consci della propria predisposizione, passione, inclinazione. Gli elementi fondamentali che intercorrono sono diversi, come stare a contatto con i giovani per imparare a vedere il mondo dal loro punto di vista, voler contribuire a plasmare persone migliori rispetto a quelle che le hanno precedute, riuscire a trasmettere tutto l’entusiasmo applicato per formare ed educare la coscienza degli altri.

Quest’ultimi sono i termini che più di altri sono capaci di spiegare la specificità dell’insegnare rispetto all’esercizio di qualsiasi altro lavoro. In particolar modo il verbo educare deriva dal latino “ex ducere” che significa “trarre fuori” nel senso di affinare con l’insegnamento un certo livello di maturità sul piano intellettuale e morale proponendo valori capaci di stimolare le virtù emergenti di un soggetto così da permettere a costui di favorire uno sviluppo spontaneo della propria personalità.

L’insegnante deve perciò svolgere un ruolo molto importante che al giorno d’oggi assume sempre più un carattere innovativo rispetto al passato e rispetto ad altri impieghi lavorativi. Egli infatti diviene una vera e propria guida depositaria di conoscenza che è in grado di trasformare lo studente da semplice recettore passivo di informazioni a individuo attivo possessore di sapienza. Il suo compito è quello di favorire la formazione integrale dell’uomo suscitando negli allievi valori intesi come contenuti concreti, essenziali per lo sviluppo di una morale equilibrata.

Da questo punto di vista risulta evidente che la professione di docente è direttamente responsabile dei cambiamenti del mondo sociale in quanto essa permette ai giovani di crescre maturando il senso di ragionevolezza, di giustizia, di dovere e di impegno quotidiano nell’essere soggetti attivi che plasmano positivamente una società in continua evoluzione. Ma per fare in modo di giungere a risultati validi ogni docente deve tenere conto nell’attività di insegnamento delle specificità di ciascun alunno il quale costituisce il soggetto centrale del sistema insegnamento-apprendimento denominato anche “triangolo pedagogico” dal francese Jean Houssaye.

Tale elemento è stato costantemente presente nel lavoro di un educatore anche se la figura di un insegnante è antica. Essa per circa un millennio è stata fondamentale per modificare l’ambiente sociale in cui si trova inserito l’uomo, ma, nonostante alcuni aspetti che permangono tuttora, si puo’ ben comprendere come i docenti di oggi non sono quelli di ieri né saranno quelli di domani, perché sono sempre in continuo cambiamento, così come la collettività delle persone.